Stefania Straniero: La Scherma che ti cambia la vita.

C’era una volta una bambina che sognava di tirare di scherma: una bambina di nome Stefania Straniero.

E’ così che cominciano le migliori fiabe, ma in questa non ci sono principesse da salvare, quelle ormai si salvano da sole. Non c’è principe azzurro che tenga.

E’ la storia di una principessa che ha posato lo scettro e raccolto la spada: ed è proprio da qui che partiremo.

Una breve intervista che profuma di romanzo, la storia di una campionessa con la C maiuscola che non ha mai perso la passione per la spada.

Stefania Straniero: la bambina che sognava di diventare schermidora.

Ciao Stefania, partiamo dall’inizio: come hai scoperto la scherma, cosa ti ha fatto scegliere questo sport?

Ho sempre avuto la passione per le spade, i cavalieri, Zorro e Xena. Da bambina costruivo spade, armature e scudi con qualsiasi oggetto trovassi in casa e giocavo a sfidare avversari immaginari.

Un giorno, lo ricordo come fosse ieri, ero sul letto dei miei nonni a guardare le Olimpiadi di Atlanta ’96: era la finale del fioretto femminile a squadre.

Dopo pochi istanti dissi subito a mia madre: “Mamma, voglio fare quello sport lì”.

Dopo 5 anni entrai per la prima volta in una palestra di Scherma e fu amore a prima vista.

Nella scherma ci sono delle regole ben precise: quando si entra in sala bisogna, per prima cosa, andare dal maestro a stringergli la mano per salutarlo; prima di iniziare un incontro si saluta l’avversario con il proprio fioretto e al termine di ogni assalto bisogna dargli la mano.  Queste regole mi ricordavano il codice etico dei cavalieri, valorosi guerrieri con armature scintillanti e cuori impavidi: ero così orgogliosa di praticare questo sport.

Quali sono stati il momento più indimenticabile e quello da dimenticare della tua carriera sportiva?

Partiamo da quello più brutto: era il mio ultimo anno nella categoria Under 20, erano due anni che vincevo i Campionati Italiani di Scherma, che ero prima nel Ranking, inoltre avevo appena conquistato la medaglia d’argento agli Europei Under 20. 

Ero sicura che arrivasse la convocazione per i Mondiali, ma purtroppo così non è stato.

 Inizialmente mi avevano convocata come riserva, ma poi dopo numerose proteste mi hanno convocata come quarta, per la gara a squadre (nella scherma, soltanto 3 atlete partecipano all’individuale e la quarta fa parte solo della gara a squadre).

È stato davvero un duro colpo, anche perché non mi sono state date delle motivazioni reali rispetto a questa scelta, ma non mi sono lasciata abbattere. 

Il mio sogno si stava realizzando un po’ alla volta e sapevo che ci sarei riuscita.

Il ricordo più bello, invece, riguarda una prova Nazionale Open (la gara in cui partecipano gli Assoluti, quindi hai la possibilità di scontrarti con gli Olimpionici) quando avevo soltanto 20 anni.

Anche in quel caso ero rimasta delusa dalle scelte delle convocazioni, perché purtroppo nonostante il Ranking, non ero stata convocata al ritiro con la Nazionale Assoluta che si sarebbe svolto subito dopo la gara. 

Sono scesa in pedana molto agguerrita e con la voglia di prendermi ciò che mi spettava. Volevo far sentire la mia voce e aprire gli occhi al CT.

Stoccata dopo stoccata mi sono ritrovata a disputare la finale per il primo e secondo posto contro Valentina Vezzali. 

Sentivo dentro di me che quell’incontro l’avrei vinto, ero sicura al 100%, non so spiegare bene il perché, ma sentivo un fuoco dentro che ardeva, sentivo di avere fame di risultato e che quello era l’unico posto dove volessi stare in quel momento. 

È stato un incontro combattuto, anche se ad un certo punto mi sono trovata in svantaggio 9-12 e rimontare con Valentina è davvero difficile, ma con convinzione e molta pazienza sono riuscita a portarmi a casa l’incontro vincendo 15-13.

L’emozione provata una volta messa l’ultima stoccata è stata indescrivibile, la definirei un’esplosione e una liberazione di tutta la rabbia che mi aveva accompagnata durante la gara e che ero riuscita a trasformare in energie e voglia di vincere.

In che modo la scherma influenza la tua vita quotidiana? Quali aspetti di questo sport, porti nella vita di tutti i giorni?

La scherma mi ha regalato molti insegnamenti e ha forgiato il mio carattere: ho imparato ad organizzare il mio tempo, a trovare rapidamente delle soluzioni ai problemi, ad adattarmi velocemente alle situazioni nuove. 

Sicuramente mi ha resa una persona resiliente e capace di gestire lo stress.

Credo che abbia anche contribuito ad alimentare la fiducia nel mio istinto, nella mia capacità di “sentire”; infatti la scherma è uno sport che si basa molto sulle sensazioni e sulla percezione di ciò che sta capitando in pedana ed è fondamentale trovare rapidamente una contromossa per contrastare l’avversario.

La scherma ti rende in qualche modo un combattente, ma al tempo stesso ti insegna a gestire la frustrazione e tutti quegli avvenimenti che sono fuori dal tuo controllo: in questo modo, impari a “lasciar andare” per focalizzarti continuamente sul momento presente.

Quali sono le caratteristiche che uno schermidore deve avere? Come si riconosce chi è portato, da chi non lo è?

Uno schermidore deve sviluppare una grande rapidità, reattività e fluidità dei movimenti.

È importante che alleni la concentrazione e l’attenzione, perché è uno sport che non perdona le distrazioni, in pochi secondi possono completamente cambiare le sorti di un incontro.

Di solito si può percepire se un atleta sia portato o meno dalla guardia che assume nelle prime lezioni, dalla naturalezza con cui gli vengono i movimenti e dalla percezione del tempo e della misura.

Non c’è bisogno di aggiungere altro: Passione, determinazione, resistenza e anche un pizzico di testardaggine. É la descrizione di una campionessa e di una bambina che, alla fine, ha realizzato il suo sogno.

Credo sia d’obbligo dunque: E visse per sempre felice, contenta e in punta di fioretto.

Vuoi essere aggiornato su articoli di tuo interesse?

Scegli i tuoi contenuti preferiti:

Torna in alto