E’ l’allenatore del Trento Baseball o, come ama definirsi lui, il Coach: già, Paolo Castagnini è uno che ha sempre saputo dare il giusto nome alle cose.
Una carriera lunga più di 60 anni, cominciata per caso, come tutti gli avvenimenti che ti cambiano la vita: era il 4 Luglio, erano gli anni ’60 e il destino di Paolo Castagnini aveva la forma di un bicchiere di una bibita zuccherata.
In questa intervista, c’è tutto: c’è il Baseball che ti cambia la vita, c’è l’America e c’è un uomo, Paolo Castagnini che aiuta i suoi bambini e ragazzi a rivivere con lui, quel 4 Luglio di tanti anni fa.
Classe 1954, come faceva un ragazzino, alla fine degli anno 60, ad appassionarsi ad uno sport come il baseball?
Devi pensare che io sono nato e vissuto nel centro storico di Verona e, all’età di 13 anni, assieme ad un gruppo di amici, andammo alla festa del 4 luglio organizzata dalla Base Militare Americana Passalacqua.
Era l’estate del 1967 e, il motivo di quella partecipazione, era la voce che si era sparsa sulla possibilità di bere e mangiare gratis. In effetti, c’erano a disposizione bevande zuccherate che poco avevano della famosa Coca Cola, ma che comunque erano gratuite e a volontà.
Tra carri armati, camionette, e cannoni in bella mostra, ad un tratto fui ammaliato da un campo dove una ventina di militari vestiti con divise strane e cappellino, facevano girare la palla vorticosamente, afferrandola con un grande guanto di cuoio: fu il mio primo “diamante”, per non parlare del suono della palla colpita con una mazza di legno.
Avevo appena scoperto il baseball e me ne innamorai all’istante, non potevo immaginare che mi sarebbe rimasto dentro per tutta la mia vita.
Restai per più di un’ora con le dita attaccate alla rete e con i miei amici che volevano portarmi via: in seguito, giocando per le strade insieme ai miei fratelli e cugini con un bastone e palline di plastica, fummo notati dal salumiere del quartiere che portando la spesa in bicicletta ci vide giocare.
Fu il mio primo allenatore.
Aiuti i ragazzi a studiare e praticare il Baseball negli Stati Uniti, come funziona il progetto?
Questo progetto è partito 15 anni fa, quando mio figlio Federico partì per gli Stati Uniti per provare questa esperienza: da allora, ho iniziato ad instaurare un rapporto di collaborazione e fiducia con un’ agenzia a cui consiglio e indirizzo i ragazzi che vogliono provare questa strada.
Mi limito a consigliare e a indirizzare ad un’agenzia con cui ho instaurato un rapporto di fiducia. Andare a studiare e praticare sport in America non è così immediato come può sembrare: quando i genitori mi chiamano, io chiedo tutto del figlio, che tipo di esperienza si aspetta di vivere, qual è il suo livello tecnico e, per ultimo ma molto importante, quanti soldi la famiglia può investire. Ci sono diverse strade da poter percorrere e io, prima mi informo e poi indico quella che più rispecchia le loro esigenze.
Orangogo aiuta le persone a trovare il proprio Sport, che caratteristiche deve avere un giocatore di Baseball?
Non esiste una categoria precisa: non è necessario essere alti o grossi, forti o veloci. Tutti possono giocare e ottenere buoni risultati. Poi come sempre, l’intelligenza, l’impegno e la dedizione possono fare la differenza.
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Come si seguiva il baseball negli anni ’60 e ’70? come si faceva a sognare di diventare un campione, se i campioni stavano dall’altra parte del mondo?
Bella domanda! In quegli anni, noi copiavamo tutto dai militari americani.
Ricordo il mio primo campo del Boschetto di Verona lungo il fiume Adige. Quando salivi le scalinate dell’argine ed entravi nel campo, alla domenica sentivi il profumo degli hot dog e la musica country a tutto volume. Le notizie d’oltre oceano arrivavano per sentito dire, non c’era internet ovviamente, ma nemmeno giornali che parlassero di baseball e, il fatto di poter un giorno andare in America era un sogno considerato impossibile.
Il grande salto di qualità fu l’epoca in cui il Presidente della Federazione fu Bruno Beneck, giornalista della RAI e regista, eletto all’inizio degli anni ’70 che portò il baseball per la prima volta alle Olimpiadi, nel 1984. Nonostante tutto questo, ancora oggi, nonostante la diffusione di Internet cerchiamo di restare a galla come tutti gli sport cosiddetti “minori”.
Tuo figlio ha studiato e praticato il Baseball negli Stati Uniti: l’allievo ha superato il maestro?
Di gran lunga!
Io sono stato un modesto giocatore, lui ha raggiunto un ottimo livello arrivando al professionismo anche se in una lega minore americana: è stato il primo ad aprire la strada dell’exchange program di cui mi occupo. Proprio attraverso quell’esperienza, abbiamo capito quanto è difficile per una famiglia affrontare questa scelta. Adesso, Federico vive negli USA ed è felicemente sposato.
Hai allenato diverse squadre in giro per l’Italia, vai spesso negli Stati Uniti per lavoro, hai fondato alcune associazioni sportive, sei stato consigliere federale e potrei andare avanti ad elencare: c’è qualcosa che ancora non hai fatto? quali sono i tasselli che vorresti aggiungere alla lista?
Da molto tempo mi piacerebbe fare un’esperienza come coach presso un’ organizzazione professionistica.
C’ero quasi riuscito.
Avrei dovuto essere il coach, nell’estate del 2020, di una squadra dell’Indipendent League che mi aveva dato l’ok. Sarei dovuto partire in Aprile, ma poi è arrivata la pandemia che ha fatto saltare tutto, non so se avrò un’altra occasione.
Ma non mi manca niente nella mia piccola realtà del Trento Baseball dove trovo i ragazzi, le famiglie e i dirigenti che mi vogliono bene e mi stimano.
Questo alla fine è ciò che conta.
infine, lancio un appello a tutte le famiglie di Trento: portate i vostri a fare degli allenamenti di prova gratuiti, presso la società Trento Baseball, non ve ne pentirete. Le iscrizioni sono aperte dai 6 ai 15 anni.
Vi aspettiamo!
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Se vuoi conoscere questo sport a 360°, cliccando qui potrai leggere la scheda redatta dalla psicologa dello sport Ambra Nagliati in collaborazione con Paolo Castagnini.
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